SECONDO PREMIO
programma | concorso internazionale Parco urbano dei “Campi Diomedei” sull’area denominata “ex Ippodromo”
localizazzione | Foggia
superficie | 20ha
commitente | Comune di Foggia
gruppo di lavoro |Arch.Daniela Moderini (capogruppo), Arch.Giovanni Selano, Arch.Mario Assisi, Arch.Valentina MilaniL’impianto geometrico e regolatore che fissa il principio insediativo dei Campi Diomedei, nasce dall’incrocio dei segni storici di questa area di grande interesse urbano, ricca di storia e custode di preziosi reperti di interesse paletnologico. Da un parte la perfetta geometria dei percorsi e recinti dell’ippodromo di inizio novecento, ancora in parte percepibile; dall’altra, la trama costruita sulle tracce degli elementi caratterizzanti il paesaggio arcaico, sui segni della sua ipotetica morfologia, sui probabili tracciati dei fossati esterni dell’insediamento neolitico. La figura complessiva è un sistema incrociato di linee curve, segni generatori dell’impianto insediativo, funzionale e distributivo. Il progetto allude ad una ricomposizione degli elementi del paesaggio arcaico: ripropone in maniera astratta la tracce dell’evoluzione geomorfologica del territorio costruito dall’erosione e dal conseguente accumulo di terreni alluvionali, da impaludamenti e da scorrimenti sullo strato di crusta in cui sono intagliati i fossati neolitici; un paesaggio fondato sul rapporto antico e sempre in bilico tra acqua e terra da proteggere per le esigenze delle pratiche abitative stanziali e dell’agricoltura; caratteri che da sempre hanno influenzato l’organizzazione territoriale, come testimoniano i villaggi neolitici, prime testimonianze delle ciclopiche opere di bonifica del Tavoliere.
I Campi Diomedei nascono dalla combinazione variabile di terra, acqua, vegetazione (elementi “strutturanti”), vento, luce del sole e ombre (elementi “mobili”, “variabili”), che alimentano suggestioni in chi si immerge in questo luogo ricco di storia e di fascino. L’area di interesse archeologico già indagata risulta assai ridotta rispetto alla probabile estensione del villaggio neolitico; l’obiettivo primario del progetto consiste nel dare immediata “struttura” al parco, rendendolo fruibile in ogni sua parte senza limitare l’auspicabile implementazione delle attività di ricognizione e scavo archeologico sistematico. La combinazione del sistema dei percorsi principali e secondari, degli spazi di transizione, dei terrapieni e degli ambiti occupati da acqua, definisce zone destinate a tipologie di fruizione differenti;
due di queste, ben individuabili, sono destinate in via prioritaria alla ricerca archeologica; la più grande occupa quasi interamente e struttura la parte meridionale dell’area; comprende il compound già portato alla luce e ora ricoperto, e corrisponde a quella che dalla foto interpretazione sembra essere interessata da una grande concentrazione di fossati a “C”; questa zona è protetta dall’esterno da un doppio terrapieno ed è circondata da acqua e dai percorsi principali, pedonali e ciclabili; corrisponde al settore dei campi Diomedei destinato ad ospitare il parco archeologico vero e proprio; la seconda, più piccola, è ubicata nella parte nord dell’area ed sulla linea ideale (di probabile sviluppo del villaggio neolitico) che collega il compound e gli scavi effettuati all’interno della villa comunale. Le due zone individuate riservano ampi spazi alle attività di ricerca archeologica, che possono comunque estendersi in qualsiasi parte dei Campi Diomedei.
Nella parte nord, i Campi Diomedei sono interessati da aree destinate principalmente alle attività ludiche e ricreative; i percorsi ed i terrapieni ad andamento curvilineo, disegnano il settore definendo un grande parterre, in parte occupato dai suddetti ambiti destinati alla ricerca archeologica, in parte dai recinti di stazionamento dei cavalli e dal maneggio; è un ambito pubblico, di libera circolazione, facilmente attrezzabile per spettacoli all’aperto, sfruttando anche le scarpate del terrapieno come punto di vista privilegiato; al centro del parterre, una piccola depressione ospita un grande mongolfiera a punto di ancoraggio fisso, che mutua una vecchia tecnica di ricognizione archeologica aerea e la traduce in senso ludico e didattico.